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Per tutti si è trattato di un'esperienza vissuta in modo molto positivo. Non sembra aver creato particolari disagi né il confinamento forzato, né la carenza di privacy e gli spazi ridotti in cui svolgevano attività sia individuali sia comuni. Ciascuno ha cercato di dedicarsi alla cura di sé e del proprio spazio personalizzandolo con foto o oggetti affettivamente significativi. L'alimentazione è stata un'occasione piacevole e gratificante per la socializzazione, un'ulteriore soddisfazione è derivata dal poter mangiare insalata, rape e cavoli da loro coltivati nella serra interna alla struttura.
Lo spirito di squadra è stato eccellente, nel rispetto delle caratteristiche e delle differenze individuali. Tutti i membri dell'equipaggio hanno sottolineato la fondamentale importanza dell'armonia, della fiducia e dello spirito di collaborazione all'interno del gruppo, senza le quali sarebbe stato molto difficile portare avanti una missione di questo genere. Non era una sfida facile se si considera la loro appartenenza a diversi gruppi linguistici e culturali.
La capacità di adattamento reciproco, la disponibilità e il senso di responsabilità, oltre alla consapevolezza dell'importanza e dell'unicità dell'esperienza in corso, ha fatto si che il gruppo funzionasse in maniera efficace. Il clima positivo all'interno del team è stato utile a superare i momenti di nostalgia delle persone care, sentimento che non è risultato particolarmente critico ma che potrebbe avere una maggiore incidenza nell'esperimento di 520 giorni, che è programmato per l'inizio del prossimo anno e che rappresenta, per durata, modalità e organizzazione, la "vera" simulazione di un viaggio su Marte.
Psicologa, ricercatrice Enea, professore a contratto presso l'Università di Roma "Sapienza", in Tecniche di reclutamento e selezione